A inizio settimana ho avuto finalmente l'occasione di leggere un libro che ho atteso quasi per tutta la durata del 2017 e di cui tanto si è parlato; sto parlando di "L'arminuta" il celebre romanzo di Donatella di Pietrantonio vincitore del Premio Campiello 2017.
Ecco la mia personale recensione.
Titolo: L'arminuta
Autore: Donatella di Pietrantonio
Paese: Italia
Genere: Romanzo
Pagine: 162
Casa
editrice: Einaudi
Anno
di pubblicazione: 2017
Prezzo
di copertina: 17.50 copertina rigida
Ebook: 8.99 euro
Per tutta la vita ha vissuto nell'agiatezza, in una bella casa a due passi dal mare, con una camera tutta sua, una fedele amica, i pomeriggi passati tra il nuoto e la danza e due amati genitori. Quando ha tredici anni però, all'improvviso tutto si spezza, e l'uomo che ha sempre considerato suo padre la riporta nella casa da cui è stata prelevata quando aveva pochi mesi, la casa dei suoi veri genitori, la casa dove vivono altri cinque ragazzi, i fratelli di cui ignorava l'esistenza, persone che non ha mai visto, che lei non conosce e con il quale dovrà improvvisamente tornare a convivere.
È così che la protagonista, di cui non sapremo mai il vero nome, dovrà fare i conti con la miseria, con la povertà, con la violenza, con il lavoro, cose che fino ad allora aveva sempre ignorato e soprattutto con le strane e crudeli decisioni degli adulti che l'anno privata di tutta la sua essenza, togliendole la profonda conoscenza di sé.
Di questo libro se n'è parlato in ogni modo e in ogni dove, soprattutto con una propulsione di elogi e commenti positivi. Meraviglioso, senza dubbio la migliore lettura del 2017, queste sono state la maggior parte delle opinioni. E io, sentendo tutto ciò non ho potuto a meno di creare in lui aspettative altissime; aspettative che (a malincuore, devo ammetterlo) non sono state proprio del tutto rispettate.
Chiariamo subito; si tratta senza alcun ombra di dubbio di un libro molto ma molto bello. La storia della protagonista e delle vicende che la interessano non possono fare a meno che colpire profondamente. Una narrazione profonda, eccelsa nello stile, scorrevole ma sempre accurata che analizza nel complesso la storia di una cultura, di una mentalità (ci troviamo nel 1975 nelle campagne abruzzesi) a volte retrograda, a volte crudele, imparziale e violenta.
Interessante l'utilizzo dei termini dialettali, molto presenti nella maggior parte dei discorsi dialetti, caratteristica che si evince anche dal titolo; "l'arminuta" significa infatti "la ritornata", nomignolo che più volte viene ripetuto tra le pagine e che accompagna la storia della sfortunata protagonista.
Ammetto, da non abruzzese, di aver avuto un po' di difficoltà in alcuni punti a comprendere alcuni termini ma l'uso del dialetto è a dir poco sacrosanto in questa storia e permette alla narrazione di apparire ancor più reale di quanto sia in realtà.
La cosa principale che colpisce è proprio la protagonista, questa ragazza la cui vita è stata segnata da una scelta compiuta contro la sua volontà per poi venire ancora una volta stravolta proprio in uno dei momenti più importanti della vita di una persona, quella dell'adolescenza. Una ragazza che una volta diventata grande decide di raccontare quell'anno così complicato per lei, un anno di presa di coscienza e di cambiamento, l'anno in cui le sono saltati i punti di riferimento e ha dovuto improvvisamente contare solo su sé stessa. Molto bello il rapporto con alcuni dei fratelli; Adriana, l'unica sorella con la quale si ritrova a sentire fin da subito un empatia, il piccolo Giuseppe, affetto da un grave decifit, e anche Vincenzo, il fratello maggiore, ribelle e anticonformista, con cui inizia uno strano rapporto di affetto e attrazione.
Come potete vedere di aspetti positivi "L'arminuta" ne ha, e ne ha anche tanti. C'è solo una piccola cosa che mi ha lasciato un po' interdetta. Questo era un libro su cui puntavo molto, un libro che, sulla carta, avrebbe dovuto donarmi un sacco di emozioni, avrebbe dovuto farmi ridere, e soprattutto avrebbe dovuto farmi piangere. Almeno, questo è quello che mi aspettavo.
In realtà durante la lettura ho provato, sì alcune emozioni; compassione, sbalordimento, rabbia, inquietudine.. ma poco più di questo.
Per questo motivo, il mio voto non sarà dei più alti e con questo vado un po' controcorrente rispetto alla maggior parte dei lettori.
Ma come sapete, in questo blog sono io a parlarvi in prima persona dei libri che leggo, e questa è la mia personale opinione. Giusta o sbagliata che sia.
Voto: 7.5
Frase: "Io non conosceva nessuna fame e abitavo come una straniera tra gli affamati. Il privilegio che portavo dalla vita precedente mi distingueva, mi isolava nella famiglia. Ero l'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere"
Donatella di Pietrantonio nasce ad Arsita (Abruzzo) nel 1963.
Per studio si trasferisce a L'Aquila dove nel 1986 si laurea in Odontaiatria. Da diverso tempo risiede a Penne, in provincia di Pescara, dove esercita come dentista pediatrica.
Come scrittrice ha esordito nel 2011 con il romanzo "Mia madre è un fiume" con cui ha vinto la quinta edizione del Premio Letterario Tropea. Nel 2013 pubblica "Bella mia", romanzo dedicato e ambientato a L'Aquila durante il terremoto del 2009, con cui è stata candidata al Premio Strega e ha vinto il Premio Brancati. Nel 2017 con Einaudi pubblica il suo terzo romanzo "L'arminuta" con cui si aggiudica il Premio Campiello"
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