Come anticipato già nell'ultimo post di ieri, sono pronta oggi a presentarvi la mia recensione di "Nel guscio", prima lettura di questo mese di Novembre, che però purtroppo non mi ha proprio convinto
Ora vi spiego il motivo
Titolo: Nel guscio
Autore: Ian McEwan
Paese: Inghilterra
Titolo
originale: Nutshell
Genere: romanzo
Pagine: 173
Casa
editrice: Einaudi
Anno
di pubblicazione: 2017
Prezzo
di copertina: 18 euro copertina rigida
Ebook: 9.99 euro
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Trudy e John sono
stati sposati per dieci anni e in questo tempo è indubbio il fatto
che si siano amati, solo che ora stanno passando un brutto periodo;
lui, poeta senza alcun talento direttore di una casa editrice, amante
dell’arte ma distrutto da un vergognoso problema fisico e dai
continui debite e lei bellissima e ancora giovane che abita nella
casa della famiglia del marito immersa nel disordine e nella
sporcizia e da tempo lo tradisce con il fratello minore Claude.
Sono proprio i due
amanti, accecati dall’odio e dalla sete diricchezza a decidere di
porre fine alla faccenda; uccideranno John e lo faranno sembrare un
suicidio.
A raccontare la
storia però non sono i due protagonisti, e nemmeno la povera
vittima, ma un individuo assai particolare che assiste al tutto da un
posizione privilegiata; il figlio dei due coniugi che Trudy porta in
grembo.
Ho scoperto questo
libro dando un occhiata al catalogo delle novità della biblioteca
della mia città e appena ho letto, leggendo la quarta di copertina,
la geniale idea su cui era basato ho iniziato automaticamente a
bramare la sua lettura.
Purtroppo però devo
dire che questa volta, come alle volte succede quando da un
libro ci si aspetta tanto, sono rimasta a dir poco delusa.
Sarà che io, da
scrittrice quale solo, faccio sempre un errore madornale; quando
trovo un idea che mi può interessare, come in questo caso un libro
che prende come punto di vista quello di un bambino che ancora deve
nascere, la mia fantasia parte in quarta e si lascia trasportare
immaginando scene, frasi, situazioni che raramente poi nella realtà
vengono rispettate e questo, come potrete capire, mi deprime
tantissimo.
Non dico
assolutamente che se avessi avuto io questa idea l’avrei sviluppata
meglio perché la mia scrittura equivale a quella del dito mignolo
della mano sinistra del cugino di Ian McEwan però non posso
nascondere che da questa storia mi aspettavo ben altro.
Sarà questo il
motivo, sarà che non sono propriamente abituata allo stile ricercato
degli scrittori come McEwan, preferendo solitamente esposizioni più
semplici e immediate, oppure che da un feto mi potrei anche aspettare
l’intendimento di vini e la profonda conoscenza del mondo (visto
che acquisisce un certo sapere dai podcast ascoltati dalla madre) ma di certo non un linguaggio così tanto forbito o ragionamenti
così articolati, sta di fatto che su alcuni particolare questa lettura mi ha fatto rimanere un po' basita.
Sempre per quanto riguarda il bambino, ci stanno invece
tantissimo le critiche nei confronti degli adulti (come dargli torto)
e l’amore che prova nei confronti della madre nonostante lei si
macchi di un terribile crimine e non abbia il minimo interesse nei
suoi riguardi, rapporto devo ammetterlo ben rappresentato nelle
ultime pagine.
Ciò che ho
trovato molto furbo è stato anche il colpo di scena finale,
che ovviamente non posso rivelare ma che rappresenta un vero lampo di
genio.
Concludendo dicendo che probabilmente sono io che non capisco nulla di letteratura e dopo
questa stroncatura riceverò una valanga di insulti da gente ben più
intelligente ma a me la storia non ha convinto per niente. Purtroppo,
devo dare la mia prima insufficienza..
Voto: 5/10
Ian Russel McEwan nasce il 21 giugno 1948 ad Albershot, in Inghilterra, e ora vive ad Oxford.
è stato sposato due volte, dalla prima moglie ha avuto due figli e nel 2002 ha scoperto di avere un fratellastro che la madre aveva dato in adozione durante la Seconda Guerra Mondiale.
Autore di due raccolte di racconti e più di dieci romanzi, giunge al successo con "L'amore fatale", da molti considerato un capolavoro e con "Espiazione", su cui però è stato per la seconda volta accusato di plagio. La prima è stata con "Il giardino di cemento".
Viene soprannominato "Ian Macabre" per via dei toni cupi che caratterizzano le sue opere.
Oltre a quelli già citati nella sua bibliografia troviamo "Cortesie per gli ospiti", "Bambini nel tempo", "Lettera a Berlino", "Cani neri", "L'inventori di sogni", "Amsterdam", "Sabato", "Chesil Beach", "Solar", "Miele", "La ballata di Adam Henry" e "Nel guscio".
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