martedì 30 luglio 2019

Recensione; "Tre figlie di Eva" di Elif Shafak

Buon martedì a tutti amici lettori!
Eccomi qui pronta quasi del tutto a concludere il capitolo Luglio per poter così dare spazio ad un nuovo mese ricco di libri tanto attesi. Il libro di cui voglio parlarvi oggi è "Tre figlie di Eva" di Elif Shafark, che, in questo mese fatto di letture nella maggior parte piacevoli ma non entusiasmanti, si è rivelato essere una punta di diamante, sorprendente ed entusiasmante. Ora vi spiego perchè!




Titolo: Tre di Eva
Autore: Elif Shafak
Paese: Turchia/Inghilterra
Titolo originale: Three Daughters of Eve
Genere: Romanzo
Pagine: 448
Anno di pubblicazione: 2016
Casa editrice italiana: Rizzoli
Prezzo di copertina: 20 euro copertina rigida, 13 euro copertina flessibile
Ebook: 7.99 euro 
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Peri ha trentacinque anni, è sposata con un uomo importante, ha due figli e dentro di lei tante emozioni sopite destinate a riaffiorare tutte insieme quando subisce uno scippo mentre, insieme alla figlia dodicenne, si sta recando ad una noiosa cena di alta classe. Quel episodio apparentemente da nulla è capace di farla tornare indietro nel tempo, a più di dieci anni prima quando lei era una giovane donna giunto ad Oxford per la sua istruzione e finisce per imbattersi in Shirin, la bellissima e ribelle ragazza ariana, atea e volitiva, in Mona, americana di origini egiziane, femminista, credente ed osservante e soprattutto nel professor Azur, quello che alcuni reputano un pazzo, altri invece un genio, con cui parlare di Dio, di religione e di ideali, ed esplorare emozioni proibite e mai provate. Durante la cena dal destino complesso, Peri rivivrà tutta la sua storia, partendo dall'infanzia fino al epilogo della sua permanenza in Inghilterra, fatta di vergogna e sensi di colpa ancora non del tutto dimenticate.


Ho acquistato questo libro diverso tempo fa sopratutto impressionata dalla bellezza della copertina e ci ho messo un po' prima di approcciarmi, forse in attesa del momento giusto. Penso proprio di averlo trovato. Non posso nascondervi fin da subito quanto questo libro sia stato capace di sorprendermi e coinvolgermi ma per spiegarvi devo partire della caratteristiche che più mi sono piaciute; la prima cosa che mi ha colpito è la bellezza della prosa di Elif Shafak che in questo suo romanzo ci porta alla scoperta della sua Turchia, il paese di tradizione e di cambiamento, che muta continuamente andando incontro ad epiloghi sia positivi che negativi, attraverso uno stile musicale e magico, capace di rapire fin da subito il lettore. Ma una bella prosa non sarebbe nulla senza dei bei personaggi ed è in quel punto che viene fuori Peri, la meravigliosa ma complessa protagonista che attraverso la sua vita ci fa conoscere le mille sfaccettature di un paese e di una cultura. Il filo conduttore di tutta la narrazione è la religione mussulmana e nello specifico alla figura di Dio, alla quale i personaggi si approcciano in maniera differente; fin dalla sua prima infanzia Peri si trova infatti a vivere la religione come un argomenti conflittuale attraverso la figura dei suoi genitori; la madre, religiosa convinta ed osservante, per tutta la sua vita rigida e controllata dai divieti della sua religione e il padre, ateo e convinto ad insegnare alla figlia a dubitare sempre a ciò che non si può spiegare. E Pari, cresciuta tra i due fuochi, non è mai riuscita a capire da che parte stare e quando, una volta giunta all'università si trova a rivivere gli stessi conflitti grazie alle figure delle due amiche, Mona e Shirin. Confusa e senza radici Peri è destinata a trovare un punto di riferimento della figura del professor Azur, personaggio che prende realmente forma solo nella fine, del quale lei finisce per innamorarsi ma dalla quale dovrà separarsi in seguito ad un avvenimento capace di creare dentro di lei dei forti sensi di colpa. La scrittrice decide di alternare la narrazione tra gli avvenimenti del passato e la cena alla quale Peri si trova a partecipare nel presente in cui si discuterà di politica, di società e si sonderà i suoi trascorsi, ma la divisione non è equa, come spesso si vede nei romanzi, ma sfalzata e questo permette di avere un  grande ritmo nella narrazione non che far crescere nel lettore la voglia di scoprire cosa sia successo quel lontano giorno ad Oxford nel quale tutto si è rovinato. La religione e il senso di colpa sono solo due dei molteplici argomenti che vengono trattati in questo romanzo che nelle suo 450 pagine sorda la cultura della Turchia, facendo conoscere le sue tradizioni e la sua anima, sia nelle parti più belle che quelle più deplorevoli. In questo modo ho potuto avere una visione a 360 grandi di un paese che io sinceramente non conoscevo e ho avuto modo di ragionare sul tema della fede e della religione in modo decisamente interessante. Giunta alla fine di questo libro, arricchito da un finale così simbolico da risultare commovente, posso dire con convinzione che Elif Shafak è per me una splendida scoperta e che prestissimo partirò nuovamente con lei alla scoperta della sua magnifica patria.

Voto: 8.5

Frase:  "I credenti preferiscono le risposte alle domande, la chiarezza all’incertezza. Gli atei, più o meno lo stesso. Buffo, quando si tratta di Dio, del quale non sappiamo praticamente nulla, pochissimi di noi dicono semplicemente “Non lo so”"


Elif Shafak è nata a Strasburgo il 25 ottobre 1971 dal filoso turco Nuri Bilgin e la diplomatica lurca Safak Atayman. In seguito alla separazione dei genitori è cresciuta con la madre e ha acquisito il suo nome. Il fatto di aver vissuto in una famiglia non patriarcale ha influito molto sulla sua vita e carriera come anche il fatto di aver vissuto in monti paesi del mondo. Nella sua vita di scrittrice ha pubblicato romanzi sia in turco che in inglese, diventando l'autrice più venduta nel suo paese natale. Le sue opere tradotte in italia sono "La bastarda di Istanbul", "Il palazzo delle pulci", "Le quaranta porte", "Latte nero. Storia di una madre che non si crede abbastanza", "La casa dei quattro venti", "La città ai confini del cielo", "Tre figlie di Eva", "La bambina che non amava il suo nome" e "I miei ultimi 10 minuti e 38 secondi in questo mondo".










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